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1 Aprile 2020

L’altra faccia del coronavirus: i femminicidi

Per molte donne la casa non è un luogo sicuro. La convivenza forzata di questo periodo può essere pericolosa. Ecco come essere libere.

In Italia c’è un’altra faccia della medaglia, terribile quanto la depressione e i suicidi causati dall’isolamento, un problema che sta emergendo come effetto delle restrizioni imposte per contenere il coronavirus, presente anche prima, ma ora molto più dilagante: riguarda le donne e si tratta del FEMMINICIDIO. Una parola ben precisa che va descrivere le violenze fatte ad una donna.

Con la quarantena si è chiesto ai cittadini di restare in casa per fronteggiare l’emergenza, ma le mura domestiche non rappresentano per tutte un luogo sicuro. La quarantena per le vittime di violenza non è una sicurezza. Così, le donne vittime di abusi, in questo momento rischiano due volte: il contagio e la violenza maschile. Solo nel 2019 si è contato che in Italia l’81,2% dei femminicidi è avvenuto all’interno della famiglia.

E tutti i giorni, anche nel 2020, ancora di più durante il periodo di quarantena, si registrano elevati casi di femminicidio. La Tv e i giornali ne parlando continuamente di donne uccise dai propri compagni, mariti, fidanzati. Uno degli ultimi è avvenuto a Messina, proprio il 31 marzo. Antonio de Pace accusava la sua compagna di avergli trasmesso il coronavirus e così l’ha uccisa, strangolandola. O ancora, in Lombardia, esattamente nel milanese, un uomo ammalato di covid-19 da un mese a casa ha accoltellato la moglie dopo una lite. La donna dopo 40 giorni in ospedale è fuori pericolo. L'uomo ora si trova presso l'ospedale San Paolo, nel reparto riservato ai detenuti.

Questi alcuni dei tanti esempi di femminicidio che investono ogni giorno il nostro paese. I centri antiviolenza italiani e le femministe "Non una di meno" stanno ripetutamente lanciando appelli rivolti a chi si trova in situazioni di pericolo: «Chiedete aiuto», ricordando che si può chiamare gratuitamente il numero 1522, attivo 24 ore su 24, oppure in chat, se non vogliono essere scoperte. Ma secondo il procuratore di Milano Maria Letizia Mannella la convivenza forzata scoraggerà le donne a telefonare o recarsi personalmente dalle forze dell’ordine. Infatti, dai dati del Telefono Rosa emerge che le telefonate, rispetto a quelle dello stesso periodo dell'anno scorso, nelle prime due settimane di marzo sono diminuite del 55,1%: da 1.104 sono passate a 496. Sono praticamente crollate le telefonate di vittime di stalking.

La campagna informativa chiamata "Libera puoi"  lanciata sui social dalla ministra Elena Bonetti, e alla quale hanno aderito per sensibilizzarla molti artisti dello spettacolo, ha lanciato un messaggio ben preso: «Noi ci siamo, non sei sola. La porta per uscire dalla violenza è sempre aperta come è sempre attivo il numero antiviolenza 1522». Alla campagna "Libera puoi" hanno aderito immediatamente molti artisti: Fiorella Mannoia, Paola Turci, Ornella Vanoni, Giuliano Sangiorgi, Francesca Michielin, Ermal Meta. 

Ricordiamoci quindi che NON SIETE SOLE: per superare la paura, per non subire più violenze, c'è un ancora di salvezza, che è quella di denunciare e chiedere aiuto, senza alcuna vergogna. Il rischio è reale ma si può uscire dal tunnel.

La paura del contagio, le regole e gli obblighi governativi cambiano la prospettiva mentale. E molte volte questa aggressività viene diretta verso un unico soggetto che è il partner. La preoccupazione che deve metterci in una situazione di allarme ancora più grande è che ci sia un rischio anche per le altre fasce come gli anziani ed i bambini. Non dimentichiamoci che i centri antiviolenza sono aperti e che i numeri da chiamare per chiedere aiuto sono: 1522 Help Line violenza e stalking; 112 i Carabinieri; 113 la Polizia. Liberi si può.

@Laura Pace