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23 Marzo 2020

V parte: Sardi nel mondo ai tempi del Covid-19

Quinto appuntamento con i sardi nel mondo ai tempi del Coronavirus. Oggi abbiamo raccolto la testimonianza di Alice a Madrid e di Francesca a Glasgow.

Quinto appuntamento per la rubrica “Sardi nel mondo ai tempi del Coronavirus”. Oggi abbiamo raccolto diverse testimonianze da Canada, California e Tunisia.

Secondo le statistiche sono circa 2.250.000 i sardi nel mondo. Chi per lavoro, chi per studi, chi per altri motivi è fuori dall' Italia ora, combattendo una situazione assurda di Pandemia. Come sono organizzati per questa emergenza coronavirus i sardi nel mondo? E gli Stati che gli ospitano? Noi lo abbiamo scoperto attraverso le voci di chi vive questa situazione in prima persona, raccontandoci la loro storia.

Scozia, Glasgow:

Francesca di origine sarda e ora residente a Glasgow in Scozia studia Media e Comunicazione. La studentessa si è ritrovata bloccata nel paese che la sta ospitata per studiare a causa dell'emergenza coronavirus. Nella sua testimonianza ci ha raccontato che non si sente protetta e che inizia ad avere paura a rimanere in Inghilterra:"È orribile essere lontano dalla propria terra perché una parte di me sa che non potrà avere le stesse cure che ci sono in Italia, la stessa attenzione. Non mi sento molto protetta e vorrei rientrare a casa mia in Sardegna, ma non ci sono voli."

Francesca ci racconta anche che la situazione coronavirus è drasticamente cambiata a distanza di una o due settimane. Lei era molto più consapevole di quello che stava succedendo perchè vedeva quello che stava capitando alla sua famiglia in Italia: "Ero perfettamente a conoscenza dei rischi del coronavirus e non appena ci sono stati i contagi qua, ho adottato immediatamente le misure italiane, anche se  ovviamente il governo non ha fatto nulla e tutt'oggi è ancora così." Questo perchè il governo inglese non ha dichiarato quarantena, nè un lockdown delle principali città. Anzi, continuano ad esserci pub aperti e ristoranti. I quali non chiuderanno volontariamente perchè non hanno nessuna possibilità di prendere finanziamenti dallo stato. Le persone apparentemente anche dopo la dichiarazione di un gran numero di contagi continua a vivere la loro vita come se nulla fosse. Qualcosa inizia a cambiare perchè la gente si sta svegliando, ma gli unici "movimenti" di cambiamento sono stati quelli di svaligiare i supermercati e comprare tanta cartaigenica.

"Ciò non toglie che la situazione è ignorata e le misure sono pessime- continua a dirci Francesca- ognuno può condurre la propria vita come prima, uscire e prendere i mezzi di trasporto dove pullula ogni tipo di virus. Non c’è un lockdown completo del paese. Io inizio sinceramente ad avere paura."

Spagna, Madrid:

Alice di Uta, si trova ora a Madrid per il suo Erasmus in Spagna. Una esperienza bellissima come quella dell'Erasmus stroncata dalla pandemia che anche lì ha colpito duramente il paese, come ci racconta: "Iniziare una esperienza bella come l’Erasmus e poi rimanere bloccata qua, in stallo e preoccupata e triste non era il futuro che mi immaginavo, ma speriamo che la situazione migliori."

Dalla settimana scorsa il governo spagnolo infatti ha deciso di seguire le orme dello stato italiano. I numeri stanno crescendo esponenzialmente giorno dopo giorno anche lì, ad oggi ci sono 33mila contagiati e 2.300 morti, facendo posizionare la Spagna al secondo posto, dopo l'Italia, per numero di contagiati. Una settimana fa il governo spagnolo aveva deciso di dare lo stato di emergenza chiudendo tutte le attività commerciali, i ristoranti, i bar e lasciando aperti solamente i negozi di prima necessità.

“Il 26 di marzo dovrebbero riaprire scuole ed università. Ma credo che prolungheranno questa data, anzi lo spero. Ancora non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione dall'università. Prima della chiusura del paese le persone continuavano a fare finta di niente, e nonostante accanto a loro, in Italia, stesse degenerando la situazione, qua in Spagna, ignoravano tutto."

I telegiornali parlavano del problema molto alla leggera prima del lockdown, ci spiega Alice, dando praticamente falsi allarmismi. "Le prime parole che ho ascoltato al telegiornale legate alla situazione coronavirus in Spagna sono state “crisi economica” e non “emergenza sanitaria”. Come se il primo problema della spagna fosse solo quello di contenere il problema evitando una crisi economica come quella che ha passato tanti anni fa."

Alice e le sue amiche italiane hanno deciso di iniziare la quarantena dopo che tutta Italia è diventata zona rossa. Fuori la situazione scorreva uguale e anche i loro amici continuavano ad uscire come i coinquilini di casa, mettendo in difficoltà e pericolo la ragazza.Oggi la situazione è migliorata da quello che ci racconta Alice, perché il governo spagnolo ha attuato le stesse misure dell’Italia, tranne l’autocertificazione che non esiste là. Ci sono solamente polizia e militari in questo momento che controllano le strade.

La studentessa ci spiega che è molto preoccupata per i lavoratori che ogni mattina si ritrovano ammassati per prendere i treni nella stazione centrale di Atocha. In conclusione Alice dice: "Io per adesso ho deciso di stare qua, perché ho paura di viaggiare e paura di contagiare la mia famiglia. Vedremo come la situazione si evolverà in questi giorni."

@Laura Pace