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20 Marzo 2020

IV parte: Sardi nel mondo ai tempi del Covid-19

Quarta appuntamento con i sardi nel mondo ai tempi del Coronavirus. Oggi abbiamo raccolto diverse testimonianze dal Canada, California e Tunisia.

Quarto appuntamento per la rubrica “Sardi nel mondo ai tempi del Coronavirus”. Oggi abbiamo raccolto diverse testimonianze da Canada, California e Tunisia.

Secondo le statistiche sono circa 2.250.000 i sardi nel mondo. Chi per lavoro, chi per studi, chi per altri motivi è fuori dall' Italia ora, combattendo una situazione assurda di Pandemia. Come sono organizzati per questa emergenza coronavirus i sardi nel mondo? E gli Stati che gli ospitano? Noi lo abbiamo scoperto attraverso le voci di chi vive questa situazione in prima persona, raccontandoci la loro storia.

Canada:

Fabio Contu, di Cagliari, ma residente ormai da tre anni in Canada per motivi di lavoro, ci racconta che la situazione nella sua provincia canadese è abbastanza sotto controllo per il momento. Lui vive esattamente nel Manitoba, dove al momento ci sono solo 15 casi di coronavirus. Mentre a livello nazionale sono ancora sotto i 600 contagi. Numeri positivi per un territorio vastò come il Canada. Uno stato nel quale la sanità non è in mano nazionale, come ci spiega Fabio, ma è in mano alle singole provincie che decidono in maniera autonoma e diversa come affrontare l'emergenza coronavirus e tutelare i suoi cittadini.

"Parlando del Manitoba, non stanno facendo molto le autorità. Il massimo che fanno in questo momento è quello di diffondendo le misure di prevenzione basiche quali lavarsi le mani, distanze di sicurezza etc. Io lavoro come ricercatore in un laboratorio di un ospedale, per esempio, dovrò stare a casa fin quando l'emergenza coronavirus non passerà. Questo vuol dire che non stiamo andando a lavoro per tenere al sicuro i pazienti dato che il mio ospedale è un oncologico."

Fabio ci racconta anche che è molto informato riguardo la situazione in Sardegna in questo momento, e in tutta Italia. Ogni giorno segue costantemente le notizie da più media, ma soprattutto si basa sulle informazioni dirette riportate dalla sua famiglia: "Mi informo con la mia famiglia ogni giorno e seguo il telegiornale di LA7 che è l'unico che caricano su YouTube; questo mi permette di seguire quotidianamente la vicenda. Mi informo dai giornali nazionali, ma chiedo alla mia famiglia nello specifico come è la situazione in Sardegna."

In conclusione Fabio ci dice che non ha mai pensato di rientrare in Sardegna, per quanto ami la sua terra. Ma la sua vita, la sua casa e la sua famiglia sono là in Canada ora, e come ci dice lui stesso "Se devo  rinchiudermi da qualche parte mi rinchiudo in casa mia in Canada".

Tunisia:

Un’altra testimonianza ci arriva dalla Tunisia, dove si trova Veronica, una studentessa di Cagliari, partita lì per il suo Erasmus qualche mese fa. Ad oggi, 20 marzo, in Tunisia si registrano 54 casi di Coronavirus di cui la maggior parte sono tutti stranieri.

I 690 tamponi fatti in tutto il paese, come ci racconta Veronica, sono davvero pochi rispetto alla densità della popolazione. Il governo sta attuando delle manovre parziali, e questo non tutela i cittadini al 100%. Alcune di queste misure sono per esempio il coprifuoco imposto dalle 18:00 del pomeriggio fino alle 6 del mattino, oppure la chiusura delle moschee, dei caffè o delle scuole dal 12 marzo. Anche se, per quanto riguarda quest'ultimo punto, sarebbero state chiuse ugualmente, dato che in Tunisia in questo periodo i ragazzi non vanno a scuola per "le ferie primaverili"; hanno solo anticipato una cosa che ci sarebbe già stata.  “Si spera quindi nella quarantena totale” ci racconta Veronica “che introdurranno sicuramente in questi giorni. Il motivo per il quale stanno ritardando tutto ciò e per capire come muoversi dal punto di vista economico. La Tunisina è un paese che non si può permettere di fermarsi così dal nulla."

"Io sono preoccupata per la sanità perché non è eccellente come quella italiana, inoltre non posso tornare a Cagliari, le frontiere sono già chiuse dal 18 marzo. Ci sono solo voli di rimpatrio ma da domani finiranno pure quelli, quindi il territorio tunisino non sarà più collegato né per via mare, né per via aerea." In conclusione Veronica ci dice: "Con le mie colleghe abbiamo deciso di restare qua, perché non c’era la sicurezza di rientrare direttamente in Sardegna, ma c’era solo la sicurezza di atterrare a Roma Fiumicino. Siamo tanto preoccupate per la situazione in Italia anche se siamo fiduciose che la nostra famiglia come tutti i cittadini della nostra terra stiano rispettando le regole, da quanto vedo anche sui social. Speriamo soprattutto che qua la situazione non precipiti."

California:

Maura con suo marito Riccardo, originari di Quartu S. Elena e ora residenti nel Nord della California, in una cittadina a circa 120 km da San Francisco, ci raccontano che la situazione negli USA sta prendendo la stessa piega dell’Italia.

I due coniugi si trovano in territorio statunitense per esigenze lavorative: Maura fa l’ingegnere e Riccardo lavora per l’Università della California. Oggi il governatore della California ha imposto a tutto lo Stato le stesse misure dell’Italia, come non poter uscire di casa se non per esigenze urgenti (compresa l’attività sportiva).

“Anche qui è stato un susseguirsi di vari emendamenti presi di volta in volta dalle singole imprese o dai vari comuni o regioni.” Ci spiega Maura “Tutto è iniziato una settimana fa nella zona di San Francisco e Los Angeles. A San Francisco era attraccata una crociera con circa 20 casi di coronavirus, allora la situazione era sotto controllo, ma si stavano iniziando a chiudere le imprese private, fino a quando qualche giorno fa c’è stato il lockdown completo di tutta la città. La mia azienda che si trova più a sud di Sacramento ci sta permettendo da qualche giorno di lavorare da casa così come l’università di mio marito. Fino alla decisione definitiva del governatore di oggi di chiudere completamente tutto lo Stato. “

“Per quanto mi riguarda- ci racconta Riccardo, il marito di Maura- io da sempre lavoro con il computer e per me lavorare da casa non è stato chissà quale difficoltà, oltre al fatto che il mio capo è italiano, e lui stesso mi ha detto di lavorare tranquillamente dalla mia abitazione”.

Le cose si stanno evolvendo molto rapidamente in California e negli Stati Uniti in generale. La situazione lontano da casa per i due ragazzi è preoccupante. “Anche se noi viviamo negli Stati Uniti, ci sentiamo italiani soprattutto sardi, e siamo molto preoccupati per le conseguenze che questa epidemia potrà avere e sicuramente avrà sul nostro paese. Noi siamo preoccupati per i nostri parenti, i nostri amici. Quello che ci rasserena è che le persone che conosciamo in Sardegna stanno tutte rispettando le regole e stanno tutti rimanendo a casa salvo necessità.”

Maura e Riccardo ci dicono che non hanno pensato di rientrare in Italia, oltre a vivere e lavorare negli Stati Uniti ora, prendere un aereo per l'Italia significherebbe essere messi sotto quarantena e non sapere quando poter rientrare. Negli Stati Uniti inoltre le frontiere sono state chiuse dal Presidente Trump già da una settimana. Tutti i voli provenienti dall’Europa sono stati bloccati. Una scelta presa anche dall’America intera, da nord a sud, dando la possibilità di far rientrare in via emergenziale i propri cittadini nei loro stati. L’unica nota positiva è che finalmente tutto il mondo starebbe, finalmente, affrontando l’emergenza nella stessa maniera.

@Laura Pace