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17 Marzo 2020

Sardi nel mondo: cosa accade ai tempi del Covid-19

Sardi nel mondo, cosa succede a chi lavora o vive in altre parti del mondo fuori dall' Italia? Ecco le testimonianze di sardi provenienti da Madrid, Londra, New York e Berna.

sardi che vivono al di fuori della Sardegna, secondo le ultime statistiche, sono circa 2.250.000 e, in ogni nazione dove risiedono, molti di loro sono organizzati in circoli, ma come sono organizzati per questa emergenza Coronavirus? Noi abbiamo raccolto diverse testimonianze di diversi sardi in giro per il mondo in questo momento. Oggi, per voi, siamo andati in Spagna a Madrid, negli USA a New York, in Inghilterra a Londra e in Svizzera a Berna.

Queste sono solo alcune delle testimonianze che ci stanno arrivando da voi sardi nel mondo. Persone che vivono nella paura per i propri cari che hanno lasciato qua in Sardegna, ma anche spaventate per loro stesse, date le misure o non misure che il paese ospitante sta adoperando. Combattendo con questa situazione assurda di Pandemia.

Dall'America alla Spagna, dalla Francia al Regno Unito ai paesi Orientali, e ad ogni parte del nostro pianeta ci sono sardi che affrontano la situazione in maniera diversa a seconda del paese in cui si trovano.

Marta, sarda ed originaria di Quartu, vive a Madrid ormai da tre anni e mezzo. In un'intervista in radio ci racconta la situazione spagnola e di come la situazione stia peggiorando di giorno in giorno anche lì, arrivando alle cifre dell'Italia.

"La situazione in Spagna è stata ignorata inizialmente, anche dopo l'annuncio di Pandemia da parte dell'Oms - ci dice Marta - quando poi si è visto un raddoppio delle cifre hanno dato lo stato di emergenza. La Spagna è come l'Italia ora. Hanno preso molto esempio da voi, chiudendo tutto e lasciando aperti supermercati e farmacie". Marta continua il suo racconto dicendoci che lei è stata fin da subito consapevole della situazione: "Grazie alla mia famiglia e ai miei amici in Sardegna ho potuto capire cosa stava per succedere anche qui a Madrid. Io riportavo quello che succedeva in Italia ai miei colleghi ed amici spagnoli, ma questi erano increduli. Tempo però due giorni e la situazione era esattamente la stessa"

Chiudere le frontiere secondo Marta, come avvenuto nella notte del 16 marzo in Spagna, è stata la soluzione più adeguata per combattere il virus. "Tutti gli stati dovrebbero prendere esempio dall'Italia e ora dalla Spagna, perché se tutti decidessimo di scappare e tornare dalle nostre famiglie lontane questo virus non morirà mai. Io non ho mai pensato, nemmeno per un secondo, di tornare a casa perchè sarebbe stato mettere a rischio la mia famiglia e tutti gli italiani. Invito tutti quindi a restare a casa per contenere questo virus"

La Spagna dopo quasi 5000 contagi ha deciso il 14 di marzo la chiusura del paese, e il 16 marzo la chiusura completa delle frontiere.

Poi c'è Michela, di Sinnai ma che vive a New York, che ci racconta le atroci vicende dell'America. Un'America che si è messa una benda sugli occhi estraniandosi dalla realtà. Michela e la sua famiglia intanto affrontano da soli la situazione:

"Da New York abbiamo visto la situazione degenerare dall’altra parte dell’Oceano, a casa nostra. Siamo molto negativi sulla situazione. I primi casi sono apparsi qualche settimana fa e per noi era chiaro fin da subito che avremmo dovuto prendere le nostre misure individuali, perché sapevamo che il governo non avrebbe fatto nulla. Per esempio, in casa mia siamo in isolamento già da una settimana e mezzo e usciamo solo per le strette necessità."

Michela ci spiega che il problema maggiore degli Stati Uniti in questa emergenza è  il Federalismo. Se Trump non decide il da farsi gli altri Stati non possono agire. Per esempio, a New York stanno ancora aspettando che arrivino i respiratori, almeno 18 mila respiratori servirebbero. Trump più volte ha ripetuto che c'è già una buona scorta ma non si sa quando arriverà e quanti sono realmente, lo stesso vale per i test.

"I contagi sembrano essere usciti fuori controllo. L’ultima notizia era di 500 casi ma noi ci aspettiamo che ce ne siano molti di più. In “pochi” hanno fatto il test, perchè le persone nonostante abbiano i sintomi hanno paura di andare all’ospedale: stiamo parlando di persone che non hanno documenti, che non hanno l’assicurazione o che ne hanno una con benefit troppo bassi. Si calcola che almeno 1/3 degli americani non abbiano l'assicurazione."

"Da oggi martedì 17  tutti i bar e i ristoranti sono chiusi, ma non sembra abbastanza. Siamo troppo in ritardo. Anche il sindaco non l'ha presa così seriamente. Noi speriamo per il meglio." In New Jersey per esempio ci spiega Michela, affianco a New York, hanno già messo il coprifuoco così da evitare che le persone si muovano in centro New York per la movida. Anche a San Francisco hanno il completo Lockdown. Città come Seattle invece sono al collasso, la gente è stata lasciata morire. 

"Essere lontana da casa non è facile. Ogni giorno mi sveglio e guardo le notizie. Mi aspetto che prima o poi che il picco arrivi in Sardegna. E so che la Sardegna non è pronta. Ancora non si sa chi è stato contagiato o no, ho solo da sperare che la mia famiglia sia stata cauta e continui a stare cauta visto che lavorano in ospedale. Mi fido di loro e voglio sperare per il meglio. Per ora ci mandiamo meme e ne ridiamo sdrammatizzando. Da lontano non posso fare molto, cerco almeno di donare per gli ospedali italiani"

Poi c'è Simona da Londra, che definisce la situazione della sua nuova città drammatica. La situazione apparentemente da quello che dicono i dati è che l'Inghilterra sia 4 settimane in vantaggio rispetto all'Italia. "Quello che succede da noi è quello che da voi accadeva 4 settimane fa, questo secondo i dati ufficiali. Ma la realtà è che si fanno molti tamponi in meno rispetto a quelli italiani perciò il sistema di verifica è pressocchè inesistente e per nulla attendibile"

Giulia che vive in Svizzera a Berna vive là da circa due mesi. Lei ci racconta che la situazione Coronavirus era nascosta fino a qualche giorno fa. Nessuno ne parlava, non c’erano restrizioni, tutto era normale.

"Io ricevevo notizie dalla mia terra ed ero un po’ preoccupata perché mi domandavo come mai qui non si sapesse nulla. Le cose sono cambiate tre giorni fa quando hanno deciso di chiudere le scuole fino al 19 di Aprile."

Il primo giorno le disposizioni erano un metro di distanza, ci racconta Giulia,  e non più di 50 persone all’interno dei locali. "Le norme si rispettano molto qua, ma oggi hanno deciso di chiudere tutto come in Italia. Sono aperti solamente generi alimentari, banche e farmacie. Oltre al fatto che hanno chiuso le frontiere."

Giulia ci racconta anche che doveva tornare in Sardegna per delle ferie programmate ma ciò non è stato possibile: "Io prima dello scoppio di questa pandemia avevo il volo di ritorno per casa. Ma data la situazione non rientrerei a casa per paura non solo di mettere in pericolo me stessa, ma anche per paura di mettere in pericolo gli altri. Inoltre, io ho un permesso di soggiorno per lavorare qua, e tornare in Italia avrebbe comportato un non ritorno in Svizzera. Lo trovo irrispettoso nei confronti della mia famiglia e di tutte le persone che sono in Sardegna e in Italia in generale fare ritorno là".

Giulia ci dice anche che là a Berna le restrizioni date non sono rigide come in Italia; puoi ancora andare a fare le passeggiate, puoi andare a fare la spesa con un’altra persona basta che si rispetti il metro di distanza, all’interno dei supermercati non si entra ad uno ad uno, le persone non hanno la mascherina. Non c’è tutta quella paura e quel terrore che si percepisce in Italia e in Sardegna. Ad oggi in Svizzera si contano 2000 casi e 18 morti, con delle patologie pregresse, tutti anziani ed un solo 50enne.

@Laura Pace