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12 Marzo 2020

Stati Uniti: Trump chiude voli da e per l'UE

Chiusura dei voli da e per l'Europa, tranne la Gran Bretagna. Questa la scelta presa dal Presidente degli Stati Uniti ieri sera. Volendo tenere fuori un virus straniero, come dice lui stesso. Quando il virus è già dentro casa.

Si sa una pandemia è una pandemia. E non conosce confini. C’è però chi come il Presidente degli Stati Uniti chiuso nella bolla della sua Casa Bianca continua imperterrito a dire che è un virus “straniero” e che bisogna preservare il paese, quando ancora non ha capito che il virus è già da tempo a casa sua. Perciò ieri sera è patita una decisione senza avvisare l’Europa: quella di chiudere tutti i voli da e per l’Europa intera, lasciando fuori la Gran Bretagna (uno dei paesi con un alto tasso di contagi rispetto ad altri in Europa).

Donald Trump ha spiegato poi, dopo questa decisione presa ieri sera 11 marzo, di non essersi consultato con l’Europa prima del blocco dei voli perché “ci sarebbe voluto troppo tempo per fare delle chiamate individuali”. Aggiungendo anche che per limitare la possibilità di contagio da coronavirus c’era la necessità di agire velocemente.

Insomma, un presidente degli Stati Uniti che continua imperterrito a pensare che il coronavirus non esista e ieri ne ha dato prova con il messaggio dato alla nazione dallo Studio Ovale.

I che ci arrivano dei contagiati americani non sono molto esatti perché poco trapela dagli ospedali privati (molti più di quelli pubblici). I dati parlano di appena 1257 casi (con 37 vittime, numero aggiornato alle 01:19 di notte, ora newyorkese di giovedì 12 marzo), secondo il database del New York Times.

Insomma, nei giorni in cui la diffusione del virus si sta espandendo in tutta Europa e in tutta America, il Paese più avanzato del mondo chiude i suoi confini e non cerca di attuare qualche misura intera. Non chiude scuole, non chiude bar, teatri, ristoranti, discoteche, non chiude università. La vita scorre tranquilla e la normalità sembra regnare. Le strade di New York, Los Angeles e Dallas sono trafficate come sempre.

Certo, magari si nota un po' più di timore in metro, e ci si laverà le mani più del solito, i negozi saranno già stati depredati di mascherine, amuchina e disinfettanti. Ma senza poi cambiare nulla del loro modo di vivere e della loro quotidianità. Può far paura cambiare tutto quanto, fermare il paese per 15/20 giorni ma è necessario, cambiare usi, costumi e abitudini per un tot di giorni serve per andare avanti.

 L’annuncio della Pandemia dato dall’OMS ieri pomeriggio era nell’aria e qualche paese dormiente è riuscito a svegliarsi dal proprio sogno, tranne a quanto pare gli Stati Uniti d’America.

Paesi come il nostro avrebbero dovuto insegnare a Paesi come questo e invece il presidente Trump continua a dire in maniera convinta: “l’influenza lo scorso anno è stata più letale”. Prendendosela con questo “virus straniero” come se non fosse già dentro il suo paese.

La cosa peggiore è che se quello che è accaduto a noi dovesse accadere ad una potenza come l’America sarebbe la fine. Perché le strutture americane sono impreparate ad accogliere questa emergenza sanitare. La sanità non è pubblica come la nostra e solo fare un tampone costa 4000 dollari, per questo i casi stimati in America sono appena 1200. Ma la matematica non è mai stata un opinione e in base alla densità di popolazione che hanno, il numero dei contagiati non potrà mai essere quello.

Quindi ancora non hanno idea della mancanza dei posti-letto, dei rallentamenti nell’invio dei kit per i test, la mancata trasparenza da parte delle istituzioni, con la Casa Bianca che ha imposto di secretare i contenuti dei meeting sul coronavirus da metà gennaio.

Insomma, gli Stati Uniti dovrebbero aprire gli occhi e affrontare la situazione.

Dato che secondo Brian Monahan, dottore specializzato sentito da Congresso e Corte Suprema in una seduta a porte chiuse, il numero che raggiungerà l’America di ammalati sarà intorno ai 70 e i 150 milioni.

Quelle che nel giro di qualche giorno rischiano di pagare di più il prezzo del coronavirus cono le grandi città americane con più densità di popolazione, dove le scuole continuano a rimanere aperte. Andrew Cuomo, il governatore di New York, ha stretto un accordo con 28 laboratori privati per la produzione locale dei tamponi per i test.  Tamponi che poi verranno distribuiti a tutti coloro che avranno sintomi gravi, anche a chi non possiede l’assicurazione.

E, ha annunciato il sindaco Bill de Blasio attaccando Trump per il suo discorso: “tutti a New York verranno coperti dalle loro spese mediche relative alle cure e al tampone per il coronavirus”. Lo stesso de Blasio che però, ancora, non ha decretato la chiusura dei plessi scolastici. Continua a parlare di “vita regolare che non può essere messa a rischio e che va salvaguardata per tutti i cittadini”. E solo dopo giorni di pressioni da parte di associazioni non-profit e organizzazioni cittadine, il sindaco ha deciso di sospendere la parata di St Patrick’s Day, in programma a Manhattan il 17 marzo.

 

@Laura Pace