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3 Dicembre 2019

Acqua e Fuoco il progetto Tepilora

Tra le diverse azioni il ripristino e il rafforzamento del territorio che ancora subisce le conseguenze dell’alluvione del 2013.

Alberi da piantare, torrenti da ripulire, dune sulla costa da rafforzare: la cura del territorio è determinante nella prevenzione dei disastri idrogeologici (soprattutto alluvioni e incendi). E può rinforzare un'intera comunità, quella che vive attorno al Parco regionale di Tepilora, 8 mila ettari nel Nuorese. È questa la filosofia al centro del progetto triennale (dal 2019 al 2022) “Acqua e fuoco. Dalle cicatrici del passato la mappa per un futuro al riparo dai rischi nel parco di Tepilora”. Quattro i comuni coinvolti – Bitti, Lodè, Torpè, Posada – sotto la guida di Legambiente Sardegna agiranno sette partner: il Parco regionale di Tepilora, l'agenzia regionale FoReSTAS, l’Università degli studi di Cagliari, l’associazione Adotta un albero ONLUS, l’associazione Sardus Pater, il Gruppo Scout Posada, la Pressa-società cooperativa sociale onlus (Bitti). “E’ un progetto realizzato all’interno di Tepilora, che coinvolge il territorio comprendente i comuni del parco in azioni materiali e immateriali con l’obiettivo di prevenire soprattutto il rischio incendio e il rischio idrogeologico”, dice Marta Battaglia, la direttrice di Legambiente Sardegna. L’orientamento è proprio quello di coinvolgere non solo le istituzioni ma anche le comunità locali in un ruolo che potrebbe essere ancor più centrale nella prevenzione e nel controllo. “Diversi rifiuti sono stati accumulati lungo i fiumi nel 2013 che testimoniano il difforme uso del territorio rurale e che non sono compatibili con i rischi in cui il nostro territorio è soggetto”, specifica la direttrice Legambiente e spiega che questa è una delle cause di ostacolo al deflusso normale delle acque “questo coincide con le situazioni di accumulo e degrado in ambienti che sono meritevoli di stare all’interno di un’area protetta come il parco”.

Le azioni del progetto si svilupperanno su tre filoni principali. Il primo è il ripristino e il rafforzamento del territorio che ancora subisce le conseguenze dell’alluvione del 2013. Saranno piantati alberi, puliti i percorsi lungo il Rio Posada da detriti e rifiuti, rafforzate le dune sulla costa, effettuate analisi della piana alluvionale al fine di riconoscere i caratteri geologici necessari alla valutazione del rischio idrogeologico. Il tutto con il necessario e strategico coinvolgimento delle comunità e dei ragazzi con workshop, campi di volontariato, allestimento informativo e il racconto interattivo per i CEAS dei quattro comuni. È dalle persone, dagli abitanti e dalle loro storie, che può infatti ripartire il territorio ferito. Gran parte dei fenomeni di erosione e di esondazione dei corsi d’acqua sono causati, infatti, anche dall’abbandono culturale e dalla riduzione della capacità di gestione delle campagne – compiti un tempo tradizionalmente assolti dai pastori.