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11 Settembre 2018

17 anni fa il mondo cambiava per sempre

17 anni fa, l’11 settembre 2001, gli uomini di Al Qaeda terrorizzavano il mondo intero con quattro attentati simultanei negli Stati Uniti

Quattro aerei dirottati: sulla torre Nord e Sud del World Trade Center a Manhattan, sul Pentagono e il quarto diretto verso il cuore del potere a Washington (Casa Bianca o Campidoglio), che si schiantò in un campo della Pennsylvania.

Morirono 2996 persone, i feriti furono circa 6000.

Anni dopo i terribili attentati dell’11 settembre è nato un canale YouTube con molti video amatoriali che documentano quanto accadde. Tutti sono stati lavorati per migliorare le immagini, girate in momenti decisamente concitati.

Tutti noi ricordiamo dove ci trovavamo e cosa stavamo facendo mentre il secondo aereo colpiva le torri gemelle, l’11 settembre del 2001. Quante volte avete sentito dire questa frase? Negli  articoli commemorativi, nei discorsi in occasione dell’anniversario di quel giorno, nei convegni sul terrorismo e i cambiamenti geopolitici seguiti a quella mattina di fine estate di 14 anni fa.

Oggi quella stessa frase assume un significato del tutto diverso di fronte ai risultati di uno studio pubblicato in questi giorni sul Journal of Experimental Psychology, bimensile dell’Associazione Psicologica Americana.

Subito dopo gli attacchi dell’11 settembre, alcuni ricercatori provenienti da diverse università statunitensi hanno raccolto le testimonianze personali di 2.100 cittadini americani sparsi in tutto il Paese. Le due domande fondamentali poste a ognuno di questi soggetti erano “dove vi trovavate?” e “con chi?”. A distanza di 1, 3 e 10 anni di intervallo , le risposte sono cambiate completamente, o quasi.

Sulla base di questo studio, i ricercatori, sono arrivati a ipotizzare che quasi il 40% degli americani (e probabilmente anche dei cittadini di altri paesi) abbia ricordi distorti su quanto accadeva a loro stessi mentre le torri gemelle e il Pentagono venivano colpiti dagli aerei dirottati. Nel campione, oggetto della ricerca, un uomo ricordava di trovarsi in strada, mentre in realtà si trovava in ufficio. Altri pensano oggi di aver sentito la notizia in televisione mentre erano seduti con i loro figli, ma in realtà subito dopo l’evento avevano raccontato di trovarsi con il proprio partner.

“La memoria umana non è come quella del computer” ha dichiarato William Hirst, professore di filosofia e tra gli autori della ricerca, al Time. Quindi la cosa non ci dovrebbe stupire, dal punto di vista scientifico. Stupisce, però, il fatto che molte persone, che non hanno cambiato versione, siano state di fatto smentite, sin dall’inizio, coloro con cui si trovavano realmente in quel momento.

È come se l’11 settembre vivesse di fatto in una dimensione parallela a quella reale, in cui i macro-eventi legati direttamente alla immane tragedia rimangono fissati nella memoria (anche grazie ai media e al discorso politico), ma quello che vi gira intorno assumesse contorni rarefatti avvolti in una nebbia di periferia.

Di fatto non c’è modo di sapere esattamente quanto di ciò che noi ricordiamo dell’esperienza personale dell’11 settembre(dove e con chi eravamo, cosa stavamo facendo) sia davvero reale e quanto, invece, sia solo una nostra proiezione emotiva, una nostra ricostruzione di senso. Un dato che, al di là dell’eccezionalità dell’evento specifico, potrebbe farci cambiare idea sulla nostra capacità di ricordare e far venire meno molte delle nostre certezze.