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14 Aprile 2016

Imparare i mestieri a scuola

A Como il primo istituto dove i ragazzi, oltre alla formazione liceale, si applicano in cucina e nell'artigianato.

Nasce a Como il primo liceo artigianale. All'”Oliver Twist”, dal prossimo anno, prenderà piede il principio dell'alternanza scuola-lavoro come prassi quotidiana. Nell'istituto nato nel 2009 grazie all'omonima fondazione, dunque, i ragazzi impareranno un mestiere, incarnando i dettami sulla cosiddetta 'Buona Scuola'.Il liceo artigianale sarà il primo indirizzo che affiancherà al diploma liceale il raggiungimento di competenze lavorative certificate in uno di questi tre settori: arti della cucina e dell’accoglienza; arti dell’arredo ligneo e del tessile. Per 5 anni i ragazzi studieranno le materie ministeriali e si dedicheranno a laboratori. 210 ore impegnati, il primo anno, in lavori di artigianato, passando poi nel secondo a svolgere direttamente una attività in azienda per una settimana ogni mese. Ogni aula poi, avrà una lavagna interattiva e ciascun studente utilizzerà il notebook come strumento di studio. Insegnanti di madre lingua saranno coinvolti nell'apprendimento dell'inglese ed in ciascun laboratorio non mancheranno stampanti 3D.Un percorso importante per offrire concretamente ai ragazzi delle opportunità anche dopo 5 anni di scuola superiore. Infine, tra le attività didattiche sarà favorito lo studio del cinema, della musica, della calligrafia e profilatura ma anche del parlare in pubblico. Insomma, le tradizionali discipline sono riprogettate a partire dall’esperienza come fonte e patrimonio per la conoscenza degli uomini e delle cose, per favorire un paragone reale degli allievi e quindi un effettivo apprendimento.Un capannone chiamato ‘caseificio’, ma da quando fu costruito, nel 1995 era vuoto, neppure accatastato, senza fogne ed energia elettrica. Lo trovarono così i presidi dell’Istituto Agrario ‘Duca degli Abruzzi’ di Elmas (Ca), quando, dopo il referendum Elmas da frazione di Cagliari diventò Comune autonomo. Nessuno si prendeva l’onere dell’accatastamento e quello stabile era un fantasma. Fino a quando due presidi illuminati, Gian Piero Liori e l’attuale dirigente Maria Gabriella Epicureo, con la passione del professor Ninni Angioni, chimico e docente di Industria Agraria, sono riusciti a fare un vero e proprio miracolo: “Realizzare, da un capannone vuoto, un gioiello di tecnologia e tradizione, con produzioni uniche ed inimitabili e ad avviare un rapporto di interazione con i privati coinvolgendoli, non solo per produrre formaggi vaccini di altissima qualità organolettica, ma in un progetto didattico, scientifico e professionale di alto livello”, spiegano la Epicureo e Angioni. “Non senza poche difficoltà. Almeno tre anni di lotte burocratiche che ci hanno sconfortato e fatto meditare di mollare. Ma alla fine abbiamo resistito”, dice la dirigente scolastica Maria Gabriella Epicureo, carica di passione per la scuola e forte sostenitrice del connubio scuola-privato. A cent’anni dalla sua fondazione, avvenuta nel 1885, l’Istituto ‘doveva’ risolvere il problema di quel capannone vuoto e renderlo produttivo, nonostante “fossimo stati abbandonati dalle istituzioni regionali e nazionali”. Docenti e dirigenti decidono di bandire una gara per trovare le risorse economiche e un casaro, un imprenditore, con un requisito fondamentale: avere esperienza professionale in campo della didattica e della formazione. Non che in Sardegna mancassero professionalità in campo lattiero-caseario, ma nessuno, forse per diffidenza e certamente per mancanza del requisito fondamentale sulla didattica, ha vinto il bando. Arriva il casaro dalla Campania. Vince il bando un imprenditore lattiero-caseario campano,Vittorio Vergara, che porta a Cagliari la sua esperienza di imprenditore e di docente. Inizia la trafila per l’allestimento del caseificio, con l’acquisto delle attrezzature, e con 140 mila euro inizia a prender forma l’impresa che sembrava impossibile. Solo la burocrazia stava per mettere fine al progetto, ma poi la tenacia della preside e del professore di Industria Agraria hanno vinto la battaglia per ottenere le autorizzazioni, le certificazioni sanitarie, antinfortunistiche, fino al coronamento di un sogno: l’Istituto riesce ad ottenere “il riconoscimento da parte dell’Unione Europea con l’assegnazione di un numero di riferimento specifico. Certamente uno dei pochi esempi in Italia. Il formaggio ovino di riferimento, una caciotta, dell’Istituto Agrario con il nome Iris. Ancora una volta, purtroppo è mancata la Regione. Assessore all’Agricoltura e Istruzione assenti -, dice Angioni -, senza polemica”. Un mese fa l’inaugurazione con l’avvio della produzione.Gli studentiE allora ecco che gli alunni vestono il camice bianco, la cuffietta igienica, gli stivali bianchi e assistono alla lezione pratica in caseificio,producendo mozzarelle e provole come dall’esperienza del casaro campano e, per un giorno alla settimana, formaggi ovini da latte sardo. E la preside e il prof di Industria Agraria incassano la soddisfazione degli alunni, coinvolti nella lavorazione del latte, dalla raccolta alla cagliata, alla responsabilità della conservazione e stagionatura dei formaggi fino a quella della vendita. “Una soddisfazione”, dice uno studente della Terza classe impegnato a rifornire lo spaccio, così come una tirocinante appena diplomata: “Una grande piacere mettere in pratica quel che si impara in teoria in classe”.Una realtà produttivaOggi l’Azienda agricola dell’Istituto, con propria personalità giuridica e fiscale di impresa agricola, è una realtà altamente produttiva e remunerativa: “Siamo riusciti, con una buona sinergia, a coniugare l’aspetto formativo di alta qualità con l’aspetto produttivo per aumentare la redditività dell’Azienda”, spiega la preside mentre mostra le qualità di prodotti presenti nello spaccio del caseificio: formaggi vaccini e ovini, “quelli della tradizione sarda, l’Iris, prodotto con fermenti latici locali, non importati dal continente”,afferma Angioni. Miele, ortaggi, olio, formaggi appunto e cinque tipi di vino, tre Igt e due Igp, vengono prodotti nelle serre, nei vitigni e negli oliveti dell’Istituto. E vengono venduti allo spaccio “permettendoci di sostenere i costi vivi come la manutenzione dei trattori e dei macchinari agricoli, dell’energia elettrica, delle spese per la didattica pratica”, spiega la preside. Insomma, il “Duca degli Abruzzi”, istituito nel 1885 per far formare i tecnici per far fronte alla crisi agricola che colpì la Sardegna, è oggi una realtà didattica di primo piano e di livello eccellente: “Ma vogliamo migliorarci – spiegano la Epicureo e Angioni -. Da quest’anno con un contributo economico volontario (non a pagamento, precisano) gli alunni possono accedere ad un’offerta formativa che consentirà loro di frequentare corsi di inglese con insegnanti madrelingua e di informatica che li qualificheranno a livello europeo. Ancora – proseguono – in cinque anni potranno fare 200 test di accesso all’università, 10mila in 5 anni”. Puntano al top per permettere “ai ragazzi di iscriversi a qualsiasi università europea”.(SardiniaPost)