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27 Gennaio 2015

Giornata della Memoria

il Giorno della memoria, in ricordo delle vittime dell'Olocausto: 70 anni fa veniva liberato il più grande campo di sterminio nazista, Auschwitz

Auschwitz grida il dolore di una sofferenza immane e invoca un futuro di rispetto, pace e incontro tra popoli". Nel Giorno della Memoria, Papa Francesco scrive questo messaggio su Twitter, ricordando così il massacro di milioni di ebrei nei campi di sterminio della Germania nazista.
Cantiamo una storia antica, nata tra le cinta di Aushwitz. Cinta di filo spinato ed elettrico, attraversabili dagli sguardi, ma non dai corpi. Incubo della morte in una prigionia impossibile da evadere, sogno di speranza al di là del muro. Ad occhi chiusi: immagini di salvezza dopo l’orrore. Più di 5 milioni gli ebrei sterminati nei campi nazisti, numeri altrettanto elevati di morti tra comunisti, disabili, omosessuali, zingari. Più di 1 milione e centomila persone hanno perso la vita ad Aushwitz e nell’annesso campo di sterminio di Birkenau. Ma nel futuro nero una luce: l’omicidio, la sofferenza, la paura, la fame hanno avuto la possibilità di trasformarsi in ricordo. Memoria viva, che arde in coloro che sono scampati alla bestia, salvati da un finale disumano. Piero Terracina, ebreo romano, ora dirigente di azienda in pensione, ha 87 anni, E’ uno dei miracolati del 27 Gennaio 1945. Fu arrestato il 17 Gennaio del ’44 quando era appena adolescente. Insieme a lui la madre Lidia, il padre Giovanni , i fratelli Cesare, Leo e Anna e il nonno Leone David. Poi il viaggio verso la mostruosità, il treno destinazione inferno. 64 in un vagone, i pianti, i lamenti: “Viaggiavamo nei nostri stessi escrementi”. Una dignità già in partenza perduta. E poi l’arrivo, la divisione, un saluto eterno di una mamma che capiva e che non avrebbe più rivisto. Un nonno e un papà che immediatamente furono cenere e fumo. Piero ce l’ha fatta. L’unico della sua famiglia a non aver trovato la morte in quel recinto di oscura crudeltà e vergogna, dove il silenzio degli ultimi respiri scatenava un rumore doloroso impercettibile agli esterni. Quando fu liberato pesava 38 chili. Ma non era la magrezza a non farlo sentire umano. Il nome lo aveva smarrito, solo un numero tra i milioni. Questa è la testimonianza di un uomo che ha portato il suo racconto tra la gente, in particolare tra i ragazzi nelle scuole, che l’Olocausto lo vedono solo scorrere tra le pagine dei libri. Un uomo che ha dedicato una vita a una cicatrice ancora dolente, impossibile da sopportare ma importante da preservare. Perché il Giorno della Memoria non è solo oggi. “Considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no”, Primo Levi. Ricordate che questo è stato.

Redazione Web: Alba Roberta Marini