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26 Gennaio 2015

Una legge rimasta nell'ombra

L'asso nella manica per i cittadini che non ce la fanno più.

Multe, debiti, tasse, rate e spese inaspettate. Tra gennaio e settembre 2014 sono stati 89 (79 uomini e 10 donne) gli italiani disperati che hanno provato a togliersi la vita per motivazioni riconducibili alla crisi economica, a fronte dei complessivi 86 del 2013 e dei 48 dell’intero 2012. Negli ultimi 3 anni si sono registrati 131 tentativi di suicidio tra i disoccupati, 45 tra gli imprenditori. Se si analizzano i dati relativi ai 3 anni monitorati dal Laboratorio di ricerca socio-economica della Link Campus, si nota come il numero più elevato di imprenditori e titolari d’azienda si riscontri nel Nord-Est con 62 casi, oltre il doppio dei casi rispetto a Centro (36), Nord-Ovest (35), Sud (31) e Isole (19). L’età di maggiore incidenza va dai 45 ai 65 anni. Per lo più sono uomini. L’aumento dei suicidi, da quando siamo entrati nella crisi economica, ormai dal 2008, è dovuto anche a una generale perdita di speranza di poter ricominciare e di sfiducia nelle istituzioni. Queste morti hanno una ragione: mancanza di risorse economiche, mancanza di lavoro, mancanza di speranza nel domani, solitudine, mancanza di sostegno psicologico, eccessivo peso di un fisco che non guarda in faccia a nessuno, o meglio, solo a pochi, generando disuguaglianza. Al 31 dicembre 2013 risultavano attive 5,3 milioni di imprese, un record senza eguali in tutta Europa anche in Paesi più densamente popolati. Di queste 3,3 milioni sono imprese individuali e oltre 900 mila società di persone attive. Queste realtà sono chiamate a fare i conti con le tasse e i problemi di liquidità che, negli ultimi 5 anni, hanno portato 13 mila Pmi piccole medie imprese italiane (PMI), schiacciate dalla pressione fiscale, al fallimento. I dati dell’indagine di Adnkronos descrivono una tendenza allarmante e tutt’altro che marginale. Due su tre (il 65%) ammette ritardi nei pagamenti dei fornitori. Addirittura l’85% è dovuta ricorrere durante l’anno ad una transazione last minute per evitare contenziosi giudiziari. Tanto che pagare i fornitori in ritardo è diventata ormai quasi una prassi comune: questi ultimi spesso si stupiscono quasi del contrario. Ne consegue un invitabile calo del tasso di affidabilità dei contratti, sceso sotto il 40%: i fornitori non si fidano e sono sempre più rigidi, soprattutto con le imprese di settori o territori più a rischio. Non solo le banche quindi ma anche gli intermediari privati sono più cauti nella concessione di credito. Una situazione che potrebbe diventare pericolosa in Italia visto il numero di queste realtà nel nostro Paese. Ma forse non tutto è perduto. Nel 2012 è stata approvata la legge 3/2012, la cosiddetta" legge salva-suicidi", che permette di rinegoziare il debito con fornitori, banche e con Equitalia. Una legge figlia dei nostri tempi e sconosciuta alla stragrande maggioranza della popolazione, la cui esistenza merita di essere promossa e pubblicizzata. Questa normativa concede ai privati (agricoltori, artigiani, commercianti ecc.) in gravi difficoltà economiche e senza la possibilità di pagare i loro debiti, di rivolgersi al Tribunale e di ottenere una rinegoziazione del debito. In questo modo è possibile bloccare gli espropri e rimodulare, anche con sconti notevoli (fino al 50%), l’importo dovuto. Un esperto contabile, nominato dallo stesso Tribunale, analizzerà la situazione economica del cittadino e stilerà un "piano di rientro" che dovrà essere accettato dai creditori: banche, fornitori e anche Equitalia. La condizione perchè il piano di rientro vada in porto è che questo sia approvato da almeno il 60% dai creditori, ovvero da coloro che riceveranno i soldi. Questi ultimi però, non otterranno l'intera somma che spetta loro, ma solo la parte che il debitore può permettersi di pagare. Ma che interesse hanno i creditori ad accettare la proposta del debitore? Semplice: il rientro è più conveniente per tutti. Per le banche è comunque più redditizio della eventuale vendita all’asta perchè, a causa della crisi, gli immobili valgono sempre meno; i fornitori ottengono agevolazioni fiscali ed Equitalia, non potendo pignorare la prima casa, difficilmente avrebbe maggiori beni su cui rifarsi. Una legge questa, che potrebbe venire incontro anche alla famiglia Spanu di Arborea che sta vivendo, da quasi un anno, la paura di perdere tutto a causa di una vecchia cambiale agraria che non sarebbe stata onorata. L'ultima offerta della Questura di Oristano alla famiglia di Arborea era la seguente: lasciare l'azienda spontaneamente in cambio di vitto e alloggio all'ex resort "Ala birdi". L'offerta è stata rifiutata ieri mattina da tutti i componenti della famiglia, che ancora sperano di poter ricomprare la loro azienda venduta all'asta e acquistata da un imprenditore cagliaritano, titolare di una attività vivaistica nelle campagne di Elmas, che ora pretende di entrarne in possesso. Il rifiuto ha fatto scattare il conto alla rovescia per lo sgombero forzato dell'azienda da parte del Tribunale di Oristano che avrebbe chiesto alle forze dell'ordine di provvedere allo sgombero non oltre il 5 febbraio. La paura di perdere quello che si è conquistato con sacrificio, la disperazione, la perdita della dignità possono essere affrontate grazie a una legge rimasta nell'ombra in grado di salvare tanti imprenditori che pensano di farla finita. Riprendersi, risollevarsi, andare avanti è forse un disegno meno lontano di quanto si pensi. E allora è proprio il caso di ricordarlo; la speranza è l'ultima a morire.
La Redazione Web: Giulia Onano