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14 Gennaio 2015

Charlie Hebdo

La stampa di tutto il mondo si è scatenata in difesa non solo di una libertà di espressione ferita, ma soprattutto delle vittime di Charlie Hebdo

Giovani seguaci corrotti da un’idea contro la vita. Portavoce di un Corano mal interpretato . Un’etichetta ben presto erroneamente incollata: Islam uguale terrorismo. Alla luce dei fatti di Parigi del 7 Gennaio 2015, la stampa di tutto il mondo si è scatenata in difesa non solo di una libertà di espressione ferita, ma soprattutto delle vittime di Charlie Hebdo e del supermercato kosher alle Porte de Vincennes. “Je suis Charlie” è una battaglia bianca. E’ un <No> feroce alle armi, alla guerra, alle discriminazioni, alle vite interrotte. O almeno così dovrebbe essere. Un inno al distacco, un rifiuto delle generalizzazioni e un obbiettivo comune: un estremismo placato e un mondo sicuro, dove la religione non può essere motivo di conflitto. Quel che è certo è che le controversie non siano solo religiose. Le guerre del Golfo, le nazioni islamiche occupate dall’Occidente, i nostri soldati in terra straniera e gli attentati dell’11 settembre 2001 sono solo i precursori di una lotta globale, dove politica, terrorismo, povertà contro risorse, si intrecciano tra loro determinando un futuro incerto. La bomba è presto esplosa. Isis e Al Quaeda unite, nella seppur grande diversità, verso una meta comune: la jihad. Il massacro di Parigi: una spedizione punitiva. Chi lede l’onore di Allah merita di morire e i portatori del messaggio divino hanno il diritto di uccidere e di sacrificarsi per una causa intinta nel fanatismo ideologico. E mentre l’allarmismo si diffonde e altre minacce potrebbero essere effettivamente in agguato, le polemiche non mancano. Chi si espone in difesa di un popolo ingiustamente colpevolizzato, chi punta il dito su una comunità intera e spinge per una chiusura delle frontiere. Già l’8 Gennaio i giornali italiani si sono sbizzarriti a suon di “ Questo è l’Islam” e “Macellai islamici”. Parole forti, una visione limitata di una cultura complessa e variegata. Anche le dichiarazioni dei politici non si sono fatte attendere. Matteo Salvini, Lega Nord, non solo si espone su twitter con l’ashtag “#Stopinvasione”, ma dichiara: “l’Islam è pericoloso. Ci sono milioni di persone in giro per il mondo, e anche sui pianerottoli di casa nostra, pronte a sgozzare in nome dell’Islam”. Se la visione dei nostri maomettiani dirimpettai armati di coltello ( o forse meglio di kalašnikov) proprio sotto le nostre case non convince, un’erba stretta in un unico fascio appare un’idea ancor piu implausibile. In un’Italia dove l’Islam è la seconda religione per numero di adepti dopo il Cristianesimo, stupisce come un’organizzazione così integralmente radicata non abbia ancora agito. I dibattiti si acuiscono anche Oltreoceano. Ruper Murdoch, imprenditore australiano fondatore e proprietaro della News Corporation, avrebbe così dichiarato su Twitter: “ Forse la maggior parte dei Musulmani sono pacifici, ma fino a quando non distruggeranno il crescente cancro jihadista dovranno essere ritenuti tutti responsabili”. La risposta di J. Rowling, autrice della saga di Harry Potter, è stata esemplare: “Sono nata cristiana, se questo rende Murdoch una mia responsabilità mi scomunico da sola. Allora l’Inquisizione Spagnola è stata colpa mia, così come tutta la violenza del fondamentalismo Cristiano”. Non ha tutti i torti la Rowling che fornisce con il suo tweet un chiaro spunto di riflessione. Bersagliare l’ ”estraneo” è facile. Di quanto sangue versato in nome del nostro Dio dovremmo allora sentirci colpevoli? Dalle lontane Crociate fino ai più recenti massacri ugandesi dell’ “Esercito del Signore”. Matrice cristiana e fondamentalista, così come gli omicidi dei medici abortisti John Bayard Britton (1994) e George Tiller (2009), ad opera di militati nel movimento cristiano estremista “Army of God”. La lista è ancora lunga e la lezione è trasparente: riconoscere le mele marce e separare i fasci. Il Cristianesimo non è terrorismo. Islam n’est pas Isis.


La redazione Web: Alba Roberta Marini