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13 Novembre 2013

Business Casalingo

Business casalingo:la formula magica per fare invidia alle multinazionali

Oggi facciamo un viaggio oltre i confini dello stivale, aldilà del continente europeo ma soprattutto la mia intenzione è sviluppare un tema discreto che in questi ultimi tempi ha lasciato il passo all'atmosfera casalinga.

Se dite a un NewYorkese che il vostro caffè preferito è quello di Starbuck(una leggenda italiana che in Italia non c'è,il cosiddetto "Frappuccino" che tanto fa sorridere ),che la bistecca più buona che abbiate mangiato è di TGI Friday's,che vi piace la nuova Apple Pie di McDonald's e che andate matti per i supermercati all'ingrosso come Gristedes,aspettatevi di vedere il vostro nome apparire tra i primi della sua lista nera.
Chiedetevi il perché?Chiesto?Bene curiosi,sebbene infatti sia comune pensare all'America come al regno incontrastato del Fast Food,New York è la riprova del contrario.Ciò ovviamente non significa che nella City non esistono i Mc o Starbucks,più semplicemente non sono così frequentati come invece tutti i bar,i ristoranti e negozietti che spesso si trovano in quartieri meno turistici e che vengono considerati"one of a kind" (unici nel loro genere).

Insomma,la troppa commercializzazione non è mai stata gradita agli abitanti della GRANDE MELA,che evitano Times Square, e gioiscono ogni volta che un negozio di una catena "simbolo di globalizzazione" dichiara bancarotta e si ritira dal mercato.

Questa attitudine ha fatto spuntare come funghi,soprattutto nell'ambito della ristorazione, moltissimi bistrot e caffè dove l'atmosfera è casalinga,il business procede principalmente grazie ai soliti abitué e si offre un tipo di cibo genuino,semplice ma allo stesso tempo ricercato.

Negli ultimi anni però,i manager di questi piccoli gioeielli si sono fatti furbi e sembrano aver trovato la formula magica per poter portare a casa una quantità di denari da far invidia ai giganti multinazionali,senza perdere l'aspetto "casalingo" della loro offerta.
Ma citiamo subito un esempio per rendere l'idea.

L'esempio più eclatante è quello di Keith McNally: inglese di nascita e trapiantato nella Grande Mela,da qualche anno a questa parte è oggetto di critiche positive e negative riguardo all'impero che dagli anni '80 è andato costruendosi.Aperto il primo ristorante,l'Odeon,nel 1980,McNally non si è mai più fermato e,come indemoniato da una strana malattia ciclica,ha debuttato sullo scenario Newyorkese con:

1-Cafè Luxembourg;
2-Nell's;
3-Lucky Strike;
4- Pravda;
5-Balthazar;
6-Pastis;
7-Morandi;
8-Minetta Tavern;
9-Pulino nel 2010.

Ora i ristoranti hanno tutti un nome diverso,offrono cibi diversi e di differenti nazionalità,quindi non ci sarebbe nessuna ragione nel pensare ai locali sopracitati come ad una catena.Se non fosse che tutti i luoghi hanno un non so che di McNally-iano che li rende immediatamente riconoscibili come facenti parte della stessa famiglia.Come tele consecutive di uno stesso pittore ,infatti,i locali di McNally offrono tutti un'atmosfera calda,rilassata,casalinga,con cibo di ottima qualità e molto fedele alle origini e agli ingredienti genuini delle rispettive cucine da cui traggono ispirazione.L'arredamento è simile con balconi in metallo,mattoni a vista e file di bottiglie a decorare le pareti.

Onestamente mi viene da chiedermi:QUALE SARA' IL NOME E LA CUCINA TIPICA DELLA PROSSIMA IMPRESA DEL MANAGER INGLESE?
Ciò che penso è che o cercare di indovinare quanto tempo resta a questa finta non catena di ristoranti prima che i NewYorkesi si accorgano di essere stati intrappolati in un'esperienza seriale molto più simile ai parchi "Disneyani" che al piccolo bistrot familiare sotto casa.

La Redazione Web: Mariazzurra Lai