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7 Gennaio 2013

Schettino: Mi hanno trattato come Bin Laden

Schettino: "Mi hanno trattato come Bin Laden ma non sono l'unico ad avere sbagliato" Il comandante si sfoga e dice di essere stufo di accuse

Macché guascone e vigliacco. Francesco Schettino non ci sta a essere continuamente bersaglio di accuse pesanti e di commenti più o meno sarcastici, con il contorno di battute e barzellette. E si difende dicendo che non è il solo ad avere sbagliato, che in plancia c'erano anche altre persone, che non è l'unico responsabile di quanto accaduto all'Isola del Giglio. Eppure, aggiunge, "sono stato trattato come Bin Laden".
In un'intervista alla "Stampa", precisa inoltre di aver fiducia nella giustizia e dice che adesso non fa altro che pensare alle 32 vittime di quella tragedia e alle loro famiglie. Assicura che da tempo vive un terribile "tormento per quello che è accaduto la notte del 13 gennaio scorso. Ed è un dolore sincero, dal profondo del cuore".

"Ingiustamente ridicolizzato"
Poi, si difende: "Sono stato dipinto peggio di Bin Laden, mentre il mio rammarico per quello che è successo è enorme. Altrettanto onestamente rinnego l'immagine che mi hanno cucito addosso, ridicolizzando non solo 30 anni del mio lavoro, della mia esperienza in tutto il mondo, ma anche l'immagine del nostro Paese esposto alle critiche, spesso ingiuste, dell'intero pianeta".

Su quel naufragio mai visto prima, con una nave che va a fondo così vicino alla terraferma, spiega: "Guardi che anche la storia della navigazione turistica, del cosiddetto inchino all'isola, è tutto un fraintendimento. Avvicinarsi a 0,3 miglia era una pratica consolidata".

E ancora, sull'ammissione di una distanza di 5 miglia da parte del codice di navigazione e della Costa crociere: "Tutte storie, tutti sapevano che per omaggiare l'isola si doveva passare più vicino. L'avevamo sempre fatto. Non voglio puntare il dito contro gli altri, ma quella sera non mi vennero fornite le informazioni esatte. Io posso pure avere sbagliato, ma non ero solo".

"Non ho abbandonato la nave"
Schettino non ci sta neanche ad essere etichettato come il comandante che abbandona la nave nel momento del pericolo e spiega: "Ha presente come si era inclinata la nave quella sera? Il calpestabile era diventato un muro e nella parte dove mi trovavo io era impossibile restare a bordo. Sarei finito sommerso: in quel modo sarei stato forse più utile? Non credo proprio Io ho fatto tutto il possibile per incagliare la nave in modo che fosse vicina agli scogli".

E nega quanto sostenuto dalla pubblica accusa e dalla guardia costiera, secondo le quali quello che contò in quel frangente non fu la sua manovra, ma il contraccolpo dovuto all'urto con uno scoglio, dicendo che a suo favore parla la scatola nera.

"Io ero il comandante, ma gli altri cosa facevano?"
Il suo comportamento non fu dettato dal panico ("ero calmo perché mantenevo i nervi saldi, perché è così che dev'essere un comandante") e si difende così dalle accuse di aver lasciato i passeggeri a bordo mentre lui si allontanava dalla Concordia: "Spettava agli elicotteri portarli via. E invece tutti addosso a me. Non mi sono mai ubriacato, né mai mi sono drogato in vita mia. Eppure solo a me venne fatto l'esame per accertarlo. Perché agli altri no? Gli ufficiali di bordo hanno un ruolo. E comunque le regole vanno riviste. Dai compiti del comandante, alla conta dei passeggeri e alle modalità di evacuazione. Mi sono sempre battuto per il rispetto delle regole: ero il presidente dei capitani della Costa Crociere, eletto da tutti gli altri. E ora, invece, mi sparano tutti addosso. Comunque non voglio piangermi addosso: il mio pensiero va a tutte le persone che hanno sofferto e che ancora soffrono per quanto successo".