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21 Febbraio 2012

Bufera sulla Rai: "Licenzia le donne incinte"

la denuncia, pubblicata su un blog, è stata presentata dal coordinamento dei giornalisti precari "Errori di Stampa" l'azienda di viale Mazzini nega

Rimanere incinta può costare molto caro se si è una precaria della Rai: la gravidanza, infatti, sarebbe assimilata nel contratto a infortunio, malattia o altre cause di forza maggiore che possono dare facoltà all'azienda di recedere dal contratto. La denuncia, pubblicata su un blog, è stata presentata dal coordinamento dei giornalisti precari "Errori di Stampa", ma l'azienda di viale Mazzini smentisce: "Non abbiamo mai licenziato nessuno".
In una nota la Rai spiega di essersi "sempre scrupolosamente attenuta al rispetto delle norme a tutela della maternità" e nega che esista "alcuna clausola che possa consentire la risoluzione anticipata dei rapporti lavorativi del personale con contratto, anche a termine, di natura subordinata".

L'azienda di viale Mazzini prosegue rilevando come "ai contratti di lavoro autonomo - ai quali come noto non si applica lo Statuto dei Lavoratori né le relative tutele - la Rai precisa di non essersi mai sognata di interrompere unilateralmente contratti di collaborazione a causa di maternità, a meno che questo non sia stato richiesto dalle collaboratrici interessate per ragioni attinenti allo stato di salute o alla loro sfera personale".

Quando invece la rescissione del contratto c'è stata, la Rai ribadisce che è stato "su richiesta delle collaboratrici", e che in ogni caso l'azienda "si è sempre adoperata per assicurare loro futuri impegni professionali al venir meno della ragione impeditiva pur senza aver alcun obbligo di legge al riguardo".

In seguito anche il direttore generale della tv di Stato, Lorenza Lei, è intervenuta sulla questione, spiegando di aver "dato agli uffici competenti l'incarico di valutare interventi sulla clausola, anche se tengo a sottolineare che in Rai non c'è mai stata alcuna discriminazione o rivendicazione in merito, né certamente sono mai emersi, fin qui, dubbi di legittimità".