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27 Maggio 2011

Cagliari prepara la svolta del "ragazzino"

Che il vento a Cagliari stia cambiando te lo dicono tanti piccoli refoli inaspettati: la foto di Massimo Zedda sul bancone del Flora

Che il vento a Cagliari stia cambiando te lo dicono tanti piccoli refoli inaspettati: la foto di Massimo Zedda sul bancone del Flora, uno dei ristoranti prediletti dalla borghesia cittadina; la facilitaÌ con cui incontri per le strade del centro ragazzi che sventolano volantini con su scritto «ora tocca a noi», la sorprendente scelta dello staff di Massimo Fantola, il candidato del centrodestra, il quale, nei nuovi manifesti stampati per il ballottaggio, ha un’espressione quasi corrucciata.

Te lo dicono anche certe affannose decisioni spudoratamente pre-elettorali come lo stanziamento da parte della giunta regionale, a tre giorni dal voto, di trenta milioni di euro per il risanamento del quartiere popolare di Sant’Elia, autentico laboratorio dell'acquisto del consenso. E poi te lo dice l’aria che si respira nello staff di Zedda, come di un ottimismo frenato dalla scaramanzia.

Incontriamo il candidato del centrosinistra durante una pausa del suo quotidiano tour cittadino, all'Antico caffeÌ, sotto il bastione di San Remy, che eÌ come dire piazza del Duomo a Milano o piazza di Spagna a Roma. Il cuore di una cittaÌ che per ritrovare un sindaco di centrosinistra deve tornare indietro di vent'anni. Poi una serie ininterrotta di sconfitte molto simili tra loro: candidati della societaÌ civile, delle professioni, regolarmente travolti dal centrodestra bencheì scelti con l'idea di aprire dei varchi nell’elettorato moderato. Per questa ragione pochi attribuivano a Zedda qualche chanche.

Se la chiave della conquista di Cagliari eÌ lo sfondamento al centro, come poteva farcela un candidato-ragazzino che andava alle primarie sotto le insegne di Sinistra e libertaÌ? Ce l’ha fatta. Prima la vittoria alle primarie sul candidato del Pd Antonello Cabras, politico di lunghissimo corso. Quindi quella (45,15 con- tro 44,71) su Massimo Fantola. Considerando la piuÌ probabile destinazione dei voti dei candidati sconfitti, l'aritmetica dice che siÌ, Massimo Zedda davvero ce la puoÌ fare. La possibilitaÌ del miracolo galvanizza i so- stenitori. L’aria eÌ molto “milanese” in questi giorni a Cagliari. Quando gli domandi se al momento di candidarsi alle primarie immaginava di arrivare dov'eÌ oggi, Massimo Zedda ti risponde semplicemente «siÌ». Se l'aspettava. E per spiegarlo sciorina una serie di cifre.

Le preferenze ottenute in cittaÌ alle elezioni regionali, circa 800, e quelle che gli sono state attribuite in modo errato: il suo nome accanto al simbolo del Partito democratico anzicheì quello di Sinistra e libertaÌ (circa 450). Poi un dato ambientale: «Ho avuto almeno una preferenza in tutti i seggi: l’attivitaÌ svolta negli anni mi aveva fatto conoscere un po’ ovunque». Altro che candidato-ragazzino: Zedda, figlio di un dirigente del Pci, eÌ cresciuto nella politica. In quella buona, fatta di metodo, pacatezza, ragionamento, costanza nell'impegno («Da quando avevo 17 anni non sono mancato nemmeno a una delle manifestazioni della Cgil»). E ha vissuto sempre a Cagliari dove nell’ambiente giovanile lo conoscono tutti. Anche percheì, sottolinea, ha fatto il ginnasio al Dettori e il liceo al Siotto, cioeÌ ha «attraversato» i due licei classici della cittaÌ incontrando, in cinque anni di studi, praticamente tutta la giovane borghesia cittadina. Questa popolaritaÌ «prepolitica» si eÌ amalgamata con quella politica consentendogli di compiere quello sfondamento al centro che tutti gli altri suoi predecessori hanno fallito: «Penso che abbiano avuto un ruolo importante i miei amici, cioeÌ i figli: hanno saputo spiegare ai padri e alle madri che sono una persona seria. Le buche nelle strade, come eÌ noto, non sono neì di destra neì di sinistra».

«EÌ una fortuna che Zedda abbia vinto le primarie – ha detto ieri in una intervista a La Nuova Sardegna Pietro Soddu, sette volte presidente della Regione, storico esponente della sinistra democristiana, oggi una delle coscienze critiche del centrosinistra sardo - con lui abbiamo potuto intercettare meglio questo clima nuovo». Ma attenzione: questo “clima nuovo” non parla tanto all'anagrafe quanto ai programmi. Cagliari eÌ una cittaÌ prostrata da un ceto politico che si perpetua per via familiare e che eÌ riuscito a devastare il Poetto, una delle spiagge urbane piuÌ belle d'Europa, con una dissennata operazione di “ripascimento” che ha ingrigito l'arenile bianchissimo, quasi africano, dell'infanzia di Giaime Pintor.

Una cittaÌ dove il potere si concentra nella sanitaÌ privata e nel cemento che ha perso troppi dei suoi giovani migliori, fuggiti «in Continente» percheì «puoi essere il piuÌ bravo, ma qui senza un “accozzo” (una raccomandazione) non vai da nessuna parte». Il paradosso di questi ultimi giorni di campagna elettorale eÌ che allo sforzo di Massimo Fantola, 63 anni, di fare il «giovane» si contrappone l'ostinata insistenza del giovane Massimo Zedda a parlare di programmi, di «cose». Ed ecco Fantola che promette una giunta piena di «giovani» e Zedda che ne promette un'altra fondata sul criterio della competenza.

Il programma dei primi cento giorni? «Fare le cose in modo serio. Dal principio: quindi attrezzare la macchina amministrativa e procedere in modo trasparente. EÌ stata la richiesta di tutte le migliaia di persone che ho incontra-to: non scomparire dopo aver ottenuto il voto». Siamo all'ultimo giorno e il vento pare ancora alzarsi. L’altra sera piazza del Carmine – che eÌ considerata una sorta di termometro architettonico del consenso - era piena di gente per il comizio di Nichi Vendola, giunto a Cagliari per sostenere Zedda. Ieri eÌ toccato a Enrico Letta. Prima del ballottaggio erano venuti Bersani, D'Alema, Rosy Bindi, Di Pietro. Il fronte del centrodestra, pur senza raggiungere i livelli di scorrettezza “milanesi”, ha provato a inquinare il dibattito diffondendo, subito dopo la vittoria di Zedda, la «bufala dell’anatra zoppa» secondo la quale il candidato del centrosinistra anche se fosse eletto non avrebbe la maggioranza in Consiglio. La balla eÌ rientrata, anche percheì lo stesso Massimo Fantola, evidentemente imbarazzato, ha invitato i suoi a non insistere. Ma c'eÌ la tradizione, nelle borghesia cagliaritana, di litigare ferocemente per poi ritrovare la pace un at- timo prima di sedersi a tavola. PuoÌ succedere ancora? «Non credo – eÌ la risposta – siamo ormai giunti al fondo del pozzo. Anche il ceto medio avverte la crisi e comincia a capire che bisogna cominciare a risalire. Tutti assieme».