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17 Marzo 2011

Libia:aerei pro-Gheddafi bombardano Bengasi

Libia:aerei pro-Gheddafi bombardano Bengasi. Anche gli Usa accelerano sulla no-fly zone

Il leader libico Muammar Gheddafi ha affermato - in dichiarazioni trasmesse ieri sera dalla tv libica - che le forze a lui fedeli scateneranno oggi una "battaglia decisiva" per prendere il controllo di Misurata, terza città del Paese 150 km a est di Tripoli, ancora in mano agli insorti. In precedenza i militari avevano avvertito gli abitanti di Bengasi di un imminente arrivo dell'esercito, ingiungendo loro di allontanarsi dalle zone dove ci sono gli insorti e di tenersi lontano dai depositi di armi.dell'inviata Laurence Figa'-TalamancaSALLUM (EGITTO) - La battaglia finale di Bengasi sembra imminente: stasera l'esercito di Muammar Gheddafi dagli schermi di Al-Libya ha lanciato un ultimatum alla popolazione della citta' roccaforte degli insorti della Rivoluzione del 17 febbraio: entro mezzanotte (le 23:00 in Italia) si facciano trovare lontani da dove ci sono ribelli e depositi di armi. L'esercito ''sta arrivando per aiutarvi e per ripulire la vostra città dalle bande armate'', dice una scritta sull'emittente ufficiale rivolta ai civili di Bengasi. Una citta' abbandonata in serata anche dal personale della Croce Rossa Internazionale. Rincara la dose lo stesso leader Gheddafi, che dopo aver detto al francese Figaro che non ci potra' essere alcun dialogo con i ribelli, all'emittente libanese Lbc assicura che il popolo e' con lui e che per Bengasi non servira' una battaglia: ''Tutti i luoghi in cui (i ribelli) si nascondono, sono in via di bonifica grazie all'aiuto del popolo, sono loro a dire dove si nascondono'', ha detto il rais. Una stretta finale preannunciata in giornata da una guerra di comunicati fra il regime e gli insorti rintanati nella citta' orientale: il figlio di Muammar Gheddafi Seif al-Islam aveva detto a Euronews che ''le operazioni militari sono terminate, tutto sara' finito in 48 ore, le nostre forze sono vicine a Bengasi''. ''Solo propaganda'' aveva replicato il Consiglio nazionale transitorio (Cnt), il ''governo'' dell'insurrezione, secondo cui ''a Bengasi la situazione e' tranquilla come ieri''. ''Le truppe lealiste non sono in grado di prendere Bengasi in 48 ore'', ha detto all'ANSA, Essam Gheriani, membro del Consiglio. ''A Misurata non ci sono riusciti per tre settimane'', ha aggiunto, mentre contro la citta' in mano ai ribelli, a 200 chilometri a est di Tripoli, l'esercito lanciava una nuova offensiva con almeno 4 vittime. Ma sotto attacco sono anche Zenten, a sud ovest di Tripoli, e Ajdabiya, in Cirenaica, ''anche oggi pesantemente bombardata'', ha riferito una fonte degli insorti. Qui da ieri sono morte almeno 26 persone, secondo stime mediche. La Tv di stato ha annunciato trionfalmente che la citta' e' stata ''ripulita'', anche se la stessa cosa era gia' stata detta ieri. In mattinata un missile e' stato lanciato sull'aeroporto di Bengasi, il Benina International, caduto lontano dallo scalo senza provocare danni ne' vittime, unendosi poi ai ribelli dopo essere atterrato sulla pista. Nonostante le rassicurazioni dei ribelli, Bengasi, capitale della 'Rivoluzione', si prepara al peggio. ''C'e' un clima di calma tesa, e' una giornata di attesa'', ha riferito un testimone sul posto. Molti abitanti della citta' cominciano a fuggire in Egitto, cercando di mettersi al riparo prima che sia troppo tardi, tra loro qualcuno troppo esposto teme ritorsioni. Lo stesso Seif ha chiesto agli insorti di lasciare il Paese. ''Non vogliamo ucciderli, non vogliamo vendicarci. Ma voi, traditori, mercenari, voi avete commesso dei crimini contro il popolo libico. Prego, salvatevi, andate in pace in Egitto'', ha detto il figlio del rais. Oggi al confine sono passati ''piu' di mille libici, soprattutto famiglie - ha detto in serata un agente di frontiera egiziano - ma anche molti media stranieri''. La maggior parte degli inviati sta infatti lasciando il Paese, dopo le minacce ai giornalisti entrati in Libia senza visto. Da ieri inoltre si sono perse le tracce di quattro inviati del New York Times. L'ultimo contatto risale a ieri mattina e si teme siano rimasti coinvolti negli scontri ad Ajdabiya. Intanto la comunita' internazionale continua a discutere dell'eventualita' di una no fly zone, che i ribelli della Cirenaica e la popolazione invocano da settimane. L'ambasciatore libico all'Onu ''ribelle'', Ibrahim Dabbashi, ha implorato il Consiglio di sicurezza a intervenire, oppure ''ci sara' un genocidio''. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, preme, e la segretaria di Stato Usa, Hillary Clinton, auspica che una decisione venga presa entro domani dal Consiglio di Sicurezza, che ha cominciato a discuterne, con la Russia che resta scettica e la Cina che la considera un'ingerenza in un Paese sovrano. E la Francia insiste anche sui ''bombardamenti mirati'' contro il regime di Gheddafi: ''Non e' ancora troppo tardi'', ha detto il ministro degli Esteri, Alain Juppe'.Testimoni residenti dicono che a Bengasi regna la calma, quando da oltre un'ora è scaduto l'ultimatum lanciato dall'esercito alla popolazione civile. "A Bengasi la vita è normale", dice un abitante, Faiza. Jibril, medico all'ospedale Al-Jalaa dice che "alcune ambulanze fanno la spola fra Bengasi e Ajdabiya", dove si combatte fra insorti e forze pro-Gheddafi. "Non avrebbero potuto farcela ad andare avanti e indietro stanotte se le forze del male stessero stringendo la città", ha detto il medico. ONU, ANCHE GLI USA ACCELERANO SU NO FLY ZONE - Mettendo fine agli indugi che negli ultimi giorni avevano caratterizzato la loro linea, gli Stati Uniti hanno impresso ieri una decisa accelerata alla possibilità di imporre una No Fly Zone sulla Libia, dicendosi anzi disposti ad andare oltre. Al termine di una lunga maratona negoziale tenuta tra i 15 al palazzo di Vetro di New York, la rappresentante statunitense Susan Rice ha detto di augurarsi che quando oggi tornerà a riunirsi il Consiglio possa fare propria la bozza presentata da Francia Gran Bretagna e Libano ma non solo. "Spero che riusciremo ad approvare una risoluzione già domani (giovedi), stiamo lavorando duro per farlo", ha detto. Scambiando alcune battute con i giornalisti, la Rice ha poi sottolineato che gli Stati Uniti sono pronti ad appoggiare misure che "vadano anche oltre alla no fly zone", perché "la situazione sul terreno è cambiato e potrebbe essere necessario" per la protezione della popolazione civile. Facendo pensare ad una imminente offensiva, la Tv libica ieri sera ha annunciato che i militari intimavano alla popolazione di Bengasi, seconda città del paese e 'culla' della cosiddetta 'Rivoluzione del 17 febbraio', di allontanarsi entro la mezzanotte locale (le 23 in Italia) dalle postazioni dei rivoltosi e dai loro depositi di armi. Il Consiglio di Sicurezza tornerà a riunirsi nella mattinata di oggi (nel pomeriggio in Italia), secondo quanto reso noto da fonti diplomatiche britanniche al Palazzo di Vetro. Una prima riunione, cui parteciperanno gli esperti delle diverse delegazioni per mettere a punto i dettagli tecnici, è prevista per le 9:00 (le 14:00 in Italia). Una seconda riunione, a livello di ambasciatori, è in programma per le 11:00 (le 16:00 italiane). Ieri i Quindici si sono riuniti per oltre cinque ore, in una vera e propria maratona negoziale. Durante le trattative, l'ambasciatore francese Gerard Araud è uscito a parlare con i giornalisti, ostentando sicurezza e dicendosi sicuro che la risoluzione sarà approvata entro la serata di oggi. In realtà, con la sola eccezione della Gran Bretagna, gli altri Paesi con potere di veto hanno difficoltà a dare luce verde ad un testo che prevede il blocco dei cieli della Libia. Alla fine anche gli Stati Uniti, inizialmente molto riluttanti, si sarebbero convinti a dare il via libera. Resta tuttavia ancora poco chiara la posizione di Russia e Cina, due dei membri del Consiglio con diritto di veto. Il rappresentante permanente di Mosca all'Onu, Vitaly Ciurkin, ha sottolineato che è importante inserire nella risoluzione un appello ad entrambe le parti - sia i militari di Gheddafi sia i ribelli di Bengasi - un cessate il fuoco immediato.